Luis Roldan nè vivo nè morto by Manuel Vázquez Montalbán

Luis Roldan nè vivo nè morto by Manuel Vázquez Montalbán

autore:Manuel Vázquez Montalbán
La lingua: ita
Format: mobi
Tags: Giallo, Stranieri
editore: Feltrinelli
pubblicato: 1993-12-31T23:00:00+00:00


Questa è una tavola principale

piena di ottimo mangiare

fatto apposta per soddisfare

il palato più sensuale.”

E senza aspettarsi alcun applauso, declamò tutto filato:

“Entrées: kobbe al limone, mahshi di melanzane, foglie di vite e cavoli, hummus bi tahina, fatayer, shawarma kebab, kibbeh e una specialità giordana, il mulukhiya con pollo e agnello. Dopo… bisognerà mettersi a mangiare sul serio…”.

17.

Fin dall’infanzia era terrorizzato dalle fogne, tenebrosi scenari dove gli uomini vanno all’incontro della propria merda e della paura di essere ratti. Ma era sua norma vincere i pregiudizi e così aveva ottenuto grandi successi nella vita, come degustare il foie d’anatra senza passare attraverso l’educazione di assaggiare fegati meno impegnativi, come quelli di agnello. Per cui Biscuter si avvicinò all’ingresso della fogna di Saragozza dal quale era scomparso il presunto Roldán e la prima difficoltà incontrata fu come scoperchiare il tombino. Invano infilava il suo ditino meglio dotato nell’orifizio centrale, lo piegava e tirava ottenendo soltanto che il dito gli scoppiasse a piangere. Ma vide nelle vicinanze un cassonetto dei rifiuti e suppose che, essendo lui un esperto nel ritrovamento di meraviglie nei cassonetti di Barcellona, avrebbe potuto adattare i suoi riflessi a quelli di Saragozza. Tra immondizie e archeologie riuscì a trovare un tubo di ferro che gli servì da leva e adoperò in seguito il suo piede più coraggioso per impedire che il coperchio, cadendo, sigillasse di nuovo il baratro. Ci riuscì a spese di una zoppia che gli sarebbe durata per tutto il suo tempo a Saragozza e, controllando il dolore, vinse la lotta contro il coperchio e la paura della discesa. Una scaletta metallica incastonata nella parete del pozzo gli permise di scendere fino a un primo livello nella giusta penombra permessa dalla relativa vicinanza del lampione della strada. Avendo adattato gli occhi all’oscurità e le narici a un odore di merda soave, lenta e dolce, merda dissenterica più liquida che solida, vide dei chiarori in fondo al tunnel e avanzò verso di essi lungo stretti marciapiedi che incorniciavano un fiume invisibile da lui temuto quasi se ne sentisse fatalmente attratto. Fu una vittoria psicologica e morale raggiungere i chiarori, perché lì lo scenario era visibile e quasi con bellezze da illustrazione di romanzi sotterranei o da film in bianco e nero pieni di presentimenti in chiaroscuro. I marciapiedi si allargavano, le acque sembravano innocenti tranne che nel momento di cadere in una cascata formando mulinelli vischiosi e spumeggianti. Oltre la cascata si ingrandiva e rimpiccioliva un’ombra umana, come se al ritmo dei suoi passi e di una torcia cambiasse di statura. Biscuter si mise a seguirne la scia finché ebbe l’uomo nel suo campo visivo e gli fu grato perché si trattava del supposto Roldán, anche se con un portamento assai mutato, felice di non essere disceso a vuoto in quei pestilenziali inferni. Roldán girò dietro un angolo e si introdusse attraverso una fessura a ogiva, seguito da Biscuter per scoprire che oltre l’ogiva le fogne sparivano e lo scenario somigliava agli scantinati della Casa de la Ciudad di Barcellona con le sue assai sminuite rovine romane.



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